La prova informatica.

Oggi la nostra società usa i computer e i dispositivi mobili come forma principale di comunicazione; si usa molto più la email che le lettere, ci si scambia più messaggi tramite WhatsApp e Skype che tramite SMS, tutti i documenti che scriviamo in realtà passano attraverso una applicazione di videoscrittura come Word. A pensarci bene, anche il vecchio fax altro non è che uno scanner collegato a un modem e una stampante. Purtroppo tutto ciò crea un grossissimo problema nelle aule di tribunale: i documenti informatici sono estremamente labili e difficilmente accettabili come prova informatica, o addirittura come indizio, in quanto possono essere manipolati fin troppo facilmente senza lasciare tracce.

Per questo motivo iniziano a nascere invece oggetti “immodificabili e certi” come i PDF firmati digitalmente, con data certa, le comunicazioni via PEC ecc. che garantiscono, tra le altre cose, elementi importanti come

  • la data di creazione
  • la data di firma
  • la non modifica,
  • l’esistenza in vita

e così via, aggiungendo valore legale a un oggetto che altrimenti non potrebbe in alcun modo essere utilizzato come prova informatica.

Purtroppo ad oggi questi tipi di documenti informatici non sono né diffusi né impiegati quotidianamente, lasciandoci ad affrontare una norma fatta di tantissimi oggetti privi di qualunque valore legale.

Come si può fare per ottenere una prova informatica?

Esistono metodi per certificare lo stato di un normale documento informatico in una determinata situazione nel tempo, che possono fare assurgere i documenti normalmente impiegati al valore di indizio o prova informatica; questi metodi sono riconosciuti da tutti i paesi firmatari della convenzione di Budapest del 2001, ratificata dall’Italia con la Legge 18 marzo 2008, n. 48 .

L’applicazione di queste metodologie permette ad un perito informatico infatti di presentare documenti informatici dotati di valore probatorio “adottando misure tecniche dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l’alterazione” (art. 244, comma 2, secondo periodo, del codice di procedura penale)

Ovviamente questa metodologia di approccio diventa difficilmente attaccabile anche in campo civilistico, portando pertanto tali metodi di lavoro anche in questo secondo campo.

Giacendo l’onere di provare i fatti in capo all’attore della causa civile semmai il fatto di ottenere documenti con valore certo può diventare ancora più importante in campo civile che in quello penale.

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